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Abstract

a parecchi mesi ho un desiderio, quello di parlare - o meglio – tornare a parlare di assistenza infermieristica. "Come? Di assistenza infermieristica?" Mi sembra di sentire un coro di: "Ma come, siamo ancora qui? A quello che Florence Nightingale scrisse nel 1859 perché ne aveva sentito il bisogno? Siamo rimasti a Notes on Nursing: What it is and what it is not?".

Mi sono fino ad ora trattenuta perché il rischio di farlo in modo istintivo o reattivo mi avrebbe potuto far perdere la giusta misura. L'articolo di un collega da anni associato a CNAI (Valcarenghi, 2016), che esprimeva in parte la stessa necessití  e lo faceva proprio citando anche Florence Nightingale, mi ha spinto a iniziare la redazione di questo Editoriale. Inoltre, dopo aver partecipato a un'interessante Conferenza sulla storia dell'assistenza infermieristica dal tema Il ruolo della storia nell'indirizzare le politiche della salute (vedi http://www.centrodieccellenza.eu/events/) organizzato dal Collegio IPASVI di Roma e dal CECRI lo scorso 13 maggio, mi sono convinta. La confusione riscontrata in diversi colleghi, il sempre più diffuso utilizzo del termine "demansionamento", lo sconcerto e la preoccupazione condivisa con altri partecipanti al Convegno mi hanno fatto decidere a scrivere questo Editoriale.

Mi pare che l'impiego del termine demansionamento stia ormai dilagando e toccando temi fondamentali per la stessa sopravvivenza della nostra professione. Non s'intende qui negare che il problema dell'attribuzione di attivití  che potrebbero essere svolte da altri operatori sanitari e amministrativi esista nelle nostre realtí  operative: esiste, è oneroso, ma è anche sempre esistito. Tra le prime infermiere professionali e gli infermieri generici, tra infermieri profes- sionali e ausiliari, fra infermieri e i primi infermieri laureati e operatori tecnici addetti all'assistenza, ora operatori socio- sanitari. Anzi, pensando alla prevalenza della popolazione anziana nel nostro Paese e al numero di "badanti" o assistenti familiari che lavora in modo più o meno sommerso in numerose famiglie italiane, dobbiamo aggiungere anche loro nel gruppo dei caregiver. Certo, il passaggio della formazione infermieristica in universití  ha acuito il problema. È aberrante e demotivante, specie in alcuni servizi in cui il personale è ridotto a numeri che mettono a repentaglio la sicurezza delle persone assistite. Ma siamo sicuri che tutte queste figure "facciano le stesse cose nello stesso modo"? Mi pare utile che ciascun infermiere si faccia questa domanda.

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Come citare
Sironi, C. (2016). Editoriale: Tornare alle origini dell’assistenza infermieristica. PROFESSIONI INFERMIERISTICHE, 69(2). Recuperato da https://www.profinf.net/pro3/index.php/IN/article/view/242

Riferimenti

  • Nightingale F. (1969) Notes on Nursing. What it is and what it is not. New York: Dover Publication.
  • Nightingale F. (1980) Cenni sull'assistenza degli ammalati Quello che è assistenza e quello che non lo è. Milano: Associazione
  • regionale Lombardia infermieri (ristampa a cura di). Testo originale del 1860, Nizza: SocietaÌ€ tipografica.
  • Valcarenghi D. (2016) Un'idea di assistenza infermieristica. Tratto da Quotidiano SanitaÌ€ del 30 aprile 2016.
  • Comunicato al termine della III Conferenza nazionale delle professioni medica e odontoiatrica, reperibile in:
  • https://noiconvoirimini2016.org/2016/05/22/piu-forti-e-piu-uniti-che-mai/; consultato il 31 maggio 2016; altre informazioni in https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showArticolo.2puntOT?id=147506.